• Prevenire infortuni e patologie nell’arrampicata

    Proponiamo un interessante articolo riguardante la prevenzione di infortuni e patologie nell’arrampicata. L’articolo è un abstract della tesi di laurea di Anna Castelli (relatore Edoardo Scalfi e correlatore Rudi Coser); laureata in fisioterapia all’Università degli studi di Verona – Polo Universitario di Rovereto.

     

    La biomeccanica nel gesto tecnico dell’arrampicata sportiva: analisi delle principali patologie all’arto superiore e aspetti preventivi

     

    Abstract

    SCOPO: analizzare la biomeccanica del gesto tecnico dell’arrampicata sportiva, cercare un rapporto causa-effetto per le principali patologie associate e ricercare strategie di prevenzione.

    BACKGROUND: il gesto tecnico dei climbers si identifica nella crimp e nella slope grip. Nella prima le articolazioni interfalangee prossimali (PIP) sono flesse a ca. 100° mentre le distali (DIP) sono iper-estese. Nella seconda, la DIP  è flessa di ca. 50° e la PIP di ca. 20°. Le strutture agoniste sono i tendini dei muscoli flessori profondi (FDP) e superficiali (FDS) delle dita, e le pulegge A2 e A4 del dito medio ed anulare.

    MATERIALI E METODI: è stata effettuata una revisione della letteratura nelle principali banche dati di PubMed ed EBSCO, la ricerca è stata suddivisa in due parti, la prima riguardante l’incidenza delle patologie associate all’arrampicata sportiva; la seconda, invece, riguarda l’aspetto preventivo delle principali patologie associate.

    RISULTATI: gli arti superiori sono la sede anatomica maggiormente colpita (71.5%), con maggior coinvolgimento delle dita (35.2%) e gomito (24.5%), a causa di situazioni di sovraccarico (33%). L’ H-tape ha un effetto nel diminuire il bowstringing (<16%) e nell’aumentare la soglia di rottura delle pulegge nella crimp grip (>13%). Nelle epicondiliti è presente un disequilibrio muscolate del 25% tra i gruppi flessore (più forti) ed estensore del polso (p=0.014).

    DISCUSSIONE: durante la performance  la tensione dei tendini flessori (275.5N) è al limite con quella sopportata dalle pulegge (258.8N). I mezzi preventivi (taping) non risultano essere abbastanza efficaci nell’aumentare la tenuta delle pulegge. Inoltre, trascurare l’allenamento dai muscoli estensori, favorisce l’instaurarsi di patologie all’articolazione del gomito (epicondiliti).

    CONCLUSIONI: è possibile individuare un rapporto causa-effetto tra biomeccanica del gesto e patologia all’arto superiore. Non esistono ancora, però, delle misure preventive efficaci per ridurre il rischio di infortunio.

    KEYWORDS: injury, rock-climbing, overuse, climbing, prevention, taping, finger, pulley injury, tennis elbow, epicondylitis, muscles imbalance.

     

    Introduzione

    L’arrampicata sportiva è, ad oggi, uno sport in continua crescita dei livelli di performance. Proprio per questa continua ricerca da parte degli atleti di aumentare il livello di difficoltà con cui misurarsi, le sollecitazioni a carico di ossa, articolazioni e tessuti molli sono cresciute in modo significativo, come la rottura delle pulegge dei tendini dei muscoli flessori delle dita, nella maggior parte dei casi conseguenti ad un sovraccarico (Josephsen et al., 2007; Hochholzer & Schoeffl, 2007; Jones et al., 2008; Neuhof & Hennig, 2011).

    La biomeccanica del gesto sportivo si identifica essenzialmente in due tipologie di presa: la crimp e la slope grip (Quaine & Vigouroux, 2004; Vigouroux et al., 2006; Quaine et al., 2011; Schweizer & Hudek 2011; Amca et al. 2012 ; Martìn et al., 2013) (figura 1).

    Nella prima (crimp grip) le articolazioni interfalangee prossimali (PIP) sono flesse tra i 90° ed i 110°. In questi gradi articolari si registra il momento di maggior efficacia e potenza dei tendini dei muscoli flessori delle dita (flessore profondo: 257.5 N; flessore superficiale: 147.5 N) (Kubiak et al., 2006; Wiater et al., 2013). Le articolazioni interfalangee distali (DIP) si trovano, invece, in iperestensione (Quaine & Vigouroux, 2004; Vigouroux et al., 2006). Il carpo si presenta leggermente esteso e deviato ulnarmente. Questa presa viene utilizzata per afferrare appigli profondi solo pochi centimetri (“tacchette”).

    Nella slope grip, invece la DIP si presenta flessa tra i 50° ed  70°; mentre la PIP è flessa a 20°-25°. A questi gradi i flessori registrano dei valori pari a 189.8 N per i FDP e 282.8 N per i FDS. Questa presa è utilizzata per prese più profonde e dai margini rotondeggianti (Vigouroux et al., 2006; Schweizer & Hudek, 2011; Amca et al., 2012; Martìn et al., 2013).

    In entrambe le strutture capsulari maggiormente coinvolte sono pulegge A2 e A4 del dito medio ed anulare, che ricoprono l’importante ruolo di mantenere il tendine dei flessori adeso alla superficie ossea delle falangi (Kubiak et al., 2006, Vigouroux et al., 2008; Crowley, 2012).

    La ricerca bibliografica è stata, quindi, effettuata per verificare se esiste una correlazione tra la biomeccanica del gesto sportivo ed il ricorrente presentarsi di sintomatologia dolorosa ed infortuni a carico degli arti superiori. Altro aspetto analizzato è come il fisioterapista può agire per prevenire e ridurre la percentuale d’infortuni che colpiscono questi atleti e li costringono a sospendere la loro attività.

     

    Materiali e metodi

    Per la stesura di questo articolo sono stati impiegati testi ed articoli di varia tipologia pubblicati su riviste scientifiche internazionali.

    Inoltre, al fine di reperire materiale il più inerente possibile all’obiettivo di dimostrare una correlazione tra la biomeccanica del gesto sportivo ed il ricorrente presentarsi di sintomatologia dolorosa ed infortuni a carico degli arti superiori, e, in caso si dimostrasse tale correlazione, proporre delle tecniche e/o comportamenti da mettere in atto per prevenire e ridurre la percentuale di infortuni che colpiscono con maggior incidenza questi atleti, è stata effettuata una ricerca nelle banche dati di: Pubmed, ed EBSCO utilizzando diverse parole chiave combinate tra loro tramite l’uso degli operatori booleani OR e/o AND, per un totale di sono otto stringhe di ricerca inserendo come operatori booleani le parole: AND e/o OR.

    È stato, infine, posto come limite della ricerca che le pubblicazioni degli articoli non fossero precedenti all’anno 2003 e che le pubblicazioni fossero articoli sperimentali o semi sperimentali, case report, studi retrospettivi di coorte e/o approcci alla casistica di tipo conservativo pubblicati esclusivamente in lingua inglese.

    Risultati

    1. Traumatologia nell’arrampicata sportiva
    Studio Tipo di studio Risultati cause
    Logan et al.(2004) Studio retrospettivo di coorte 28%  infortuni agli AASS:-      25% tendini dei muscoli FDS e FDP;-      13% lussazioni delle dita;

    –      12% fratture di polso;

    –      8% lesione alle pulegge delle dita;

    Gerdes et al.(2006)  Studio retrospettivo di coorte 57.6% infortuni agli AASS:-      27.5% alle dita della mano;-      9.2% al gomito;

    –      9.2% alla spalla.

    27.6% infortuni agli AAII:

    – 12.6% caviglia;

    – 5.7% piede.

    –         33% sovraccarico;-         28.8% sovraccarico;-         13.3% sovraccarico;

    –         23% distorsioni/fratture;

    –         24 % fratture.

     

    Josephsen et al.(2007) Studio retrospettivo di coorte 80% infortuni agli AASS:-      61% alle dita della mano;-      26% al gomito;

    –      26% alla spalla.

    23% infortuni agli AAII:

    – 18% ginocchio;

    -5% caviglia.

    –      Durante l’attività. 

     

     

    –           Cadute.

     

    Jones et al.(2008) Studio retrospettivo di coorte 50% infortuni agli AASS:-      35% alle dita della mano;-      20% alla spalla;

    –      17% al gomito.

    In generale:-       33% sovraccarico;-       28% movimenti estremi;

    –      10 % cadute.

    Neuhof et al.(2011) Studio retrospettivo di coorte –     48.6% lesioni capsulo-legamentose e tendinee alle dita della mano;-     32.4% lesioni tendinee al braccio;-     48.6 % fratture alla caviglia. In generale:75% durante l’attività. 
    Pieber et al.(2012) Studio retrospettivo di coorte 71% infortuni agli AASS:-      30.7% lesione delle pulegge delle dita;-      13.1% epicondilite al gomito;

    –      6.4% patologia di spalla.

    23.5% infortuni agli AAII:

    – 13.1% distorsione/frattura di caviglia.

    1. Prevenzione delle patologie a carico del sistema delle pulegge (figura2).
    Studio Tipo di studio Gruppi di studio Tecnica di applicazione del taping  Risultati SENZA tape Risultati CON tape
    Warme et al. (2000) Studio sperimentale 72 dita refrigerate   Tecnica di Schweizer Soglia di rottura pulegge482 (+/- 33) N Soglia di rottura pulegge516 (+/- 35) N
    Schweizer A.(2000) Cross-sectional study – 4 soggetti adulti sani;- 16 dita;- età media: 37 anni

     

    • Tecnica 1
    • Tecnica 2
    Soglia di rottura pulegge373 N373 N Soglia di rottura pulegge414 N419 N
    Schoeffl et al.(2007) Cross-sectional study –  12 soggetti;-   puleggia A2 e/o A3 rotta da più di 12 mesi   

    • Tecnica di Schoeffl
    • Tecnica Schweizer
    • H-tape
    Bowstringin3.77 mm3.77 mm

    3.77 mm

    Bowstringin3.70 mm3.59 mm

    3.19 mm

     

    1. Prevenzione della patologia a carico del gomito – epicondilalgie –
    Autori e anno Tipo di studio Gruppo di studio Gruppo di controllo   Risultati
    Alizadehkhaiyat et al. (2007) Cross-sectional study –    16 soggetti;-     diagnosi di epicondilite laterale. –    16 soggetti sani;-   nessuna storia di patologie al gomito. 
    1. Forza nella “presa” < 25% nel gruppo di studio;
    2. forza nella flessione del polso > del 25% rispetto all’estensione;
    3. forza in flessione delle MPC > 60-70% rispetto all’estensione;
    4. nessuna differenza nel test di resistenza.
    Unyo et al. (2013)   Cross-sectional study –   8 soggetti;-    passata diagnosi di epicondilite laterale. –  8 soggetti;-   nessuna storia di patologie al gomito.
    1. Forza dei muscoli flessori palmari del carpo maggiore dei flessori dorsali nel gruppo di studio (18 vs 13);
    2.  nessuna differenza nel test di resistenza (33 vs 30 ripetizioni).
    O’Sullivan e Gallwey (2005)   Studio sperimentale 22 soggetti sani. Nessuno.
    1. Momento torcente in supinazione  maggiore del 20% rispetto alla pronazione in qualsiasi angolazione dell’avambraccio;
    2. il movimento in supinazione è maggiormente resistente della pronazione (60.2” vs 47s”) al 50% del massimale.

     

    Discussione

    1. Biomeccanica del gesto e traumatologia nell’arrampicata sportiva

    L’analisi della prevalenza degli infortuni e delle patologie specifiche dello sport dell’arrampicata risulta essere concorde in tutti gli studi selezionati (Logan et al., 2004; Gerdes et al., 2006; Josephsen et al., 2007; Jones et al., 2008; Neuhof et al., 2011; Pieber et al., 2012) e rispecchia quanto riportato negli articoli di revisione della letteratura di Merrit (2011), Schweizer (2012) e colleghi.

    Nel definire la distribuzione dell’incidenza degli infortuni per specifica sede, tutti gli autori riportano che le dita delle mani sono le sedi maggiormente colpite (media: 42%). Seguono poi, in ordine di incidenza, spalla (media: 23.47%), gomito (media: 18.1%), polso (media: 12.4%) e avambraccio (media: 6%). Anche per quanto riguarda le strutture anatomiche, gli studi analizzati, evidenziano in modo concorde come le pulegge ed i tendini delle dita delle mani siano le strutture maggiormente colpite (media: 35.2%), seguite da lesioni tendinee o epicondiliti del gomito (media: 24.5%).

    Altro aspetto emerso, confrontando i risultati degli studi analizzati, è quello per cui la maggior parte degli infortuni è dovuta ad una situazione di sovraccarico (33%), piuttosto che da movimenti estremi (28%) o cadute (10%). In particolare le sedi anatomiche per eccellenza che vanno incontro ad una condizione di sovraccarico sono le dita delle mani (34.5%), il gomito (22.9%) e la spalla (16.6%) (Gerdes et al., 2006; Jones et al., 2008). Questi dati trovano poi ulteriore conferma se si prendono in considerazione i valori di Odds Ratio (OR) calcolati tra le variabili di frequenza ed intensità degli allenamenti (indice CIS) ed il verificarsi della patologia agli arti superiori.

    Facendo particolare riferimento allo studio di Pieber e colleghi (2012), ne risulta un OR=15 tra il presentarsi delle patologie a carico delle pulegge e dei tendini dei muscoli flessori delle dita ed il coefficiente di intensità e stress meccanico dell’allenamento (CIS); ed un OR=23.4 nel verificarsi delle patologie tendinee all’articolazione del gomito (epicondiliti) (Jones et al., 2008; Schweizer, 2012; Pieber et al., 2012).

    I traumi conseguenti a cadute, invece, interessano maggiormente gli arti inferiori  con una percentuale media del 32.8% di tutti gli infortuni dovuti a trauma acuto (Gerdes et al., 2006; Josephsen et al. 2007; Jones et al., 2008; Nelson et al., 2009; Neuhof et al., 2011; Lack et al., 2012).

     

    Questi risultati trovano conferma nell’analisi delle caratteristiche biomeccaniche del gesto sportivo dell’arrampicata. Nello specifico, se si tengono presenti i valori stimati dagli autori che hanno studiato le forze entranti in gioco durante crimp grip (Quaine & Vigouroux, 2004; Vigouroux et al., 2006; Schweizer & Hudek 2011; Amca et al. 2012) e le si paragona alle soglie di rotture delle pulegge (Vigouroux et al., 2006; Mallo et al., 2008; Vigouroux et al., 2008;Martìn et al., 2013), si nota che, molto spesso, l’atleta che “chiude” vie ad alto grado di difficoltà si trova in una situazione in cui la tensione esercitata di suoi muscoli flessori delle dita (257.5 N) è pari alla soglia di tensione che riescono a sopportare le pulegge che li contengono (258.8 N). Se però lo scalatore, durante un passaggio impegnativo, deve esprimere il massimo della propria forza perché le caratteristiche della parete (inclinazione o dimensione molto ridotta degli appigli) lo richiedono, allora si assiste ad un momento in cui la tensione esercitata dai tendini dei muscoli flessori (373 N), supera quella che solitamente è la capacità di tenuta delle pulegge (258.8 N). Lo stesso ragionamento vale anche per la slope grip.

    Tutte queste “situazioni al limite” che si reiterano conducono inevitabilmente ad una condizione cronica di sovraccarico nei confronti di queste strutture, che terminerà poi con lesioni capsulo-legamentose e tendinee alle dita delle mani.

    Infine, altro aspetto emerso dall’analisi comparata di questi studi e quelli di Vigouroux (2008) e Martìn (2013) e colleghi, è quello per cui la rottura delle pulegge interessa con maggior frequenza la puleggia A2 del dito medio dal momento che durante la crimp grip le forze medie registrate a carico delle pulegge A2 e A4 al dito medio sono pari a 419.5 N e 67.0 N, rispettivamente, per un totale di 486.5 N. Nel dito indice, invece, le forze registrate sono pari a 199.3 N e 115. 7 N rispettivamente sulle pulegge A2 e A4 (tot: 315 N); mentre nell’anulare sono di 276.5 N (A2) e 81.6 N (A4) (tot: 358.1N).

    Quindi, considerando le capacità massime di carico delle pulegge, la puleggia A2 delle dita medio ed anulare, durante il gesto sportivo, è estremamente vicina al suo margine di rottura (rispettivamente al 90% e 64%), mentre le dita indice e mignolo ne stanno lontani (46% e 22%). Per quanto riguarda la puleggia A4, invece, questi valori si mantengono abbastanza lontani dai margini di rottura della puleggia, da giustificare il fatto che sia la meno soggetta a rottura durante l’attività.

    Anche la rottura delle pulegge crociate può presentarsi durante l’attività di arrampicata sportiva. Ma rimane tuttavia un evento raro e solitamente conseguente a forze torsionali elevate (Kubiak et al., 2006; Crowley, 2012).

     

    1. Approccio preventivo nella patologia della rottura delle pulegge

    Solamente tre sono gli studi pubblicati in letteratura (Warme et al., 2000; Schweizer, 2000; Schoeffl et al., 2007) chepropongono come mezzo di prevenzione per la rottura di tendini e pulegge l’uso di un nastro in stoffa – tape – (Figura 2). Confrontando i risultati statistici ottenuti dai vari autori si osserva una differenza di efficacia tra le tre tecniche che sono più frequentemente usate dalla popolazione dei climber.

    Due delle tre tecniche proposte – Schweizer e Schoeffl –, nonché le più diffuse e studiate, non sono in grado di modificare significativamente la biomeccanica del gesto (Warme et al., 2000; Schweizer, 2000; Schoeffl et al., 2007).

    Solamente la metodica proposta da Schoeffl e colleghi (2007): il così detto H-tape, permette di diminuire in maniera significativa il bowstringing[1] del 16% (3.77 mm vs 3.19 mm) rispetto alla situazione in cui non sia stato applicato nessun tape (p<0.5). Ugualmente, dal punto di vista di incremento di forza del sistema delle pulegge, l’H-tape ha dimostrato di essere efficace, aumentando del 13% la soglia di rottura delle pulegge durante la crimp grip (p=0.01). Tale livello di validità non è riscontrabile, però, durante la slope grip.

    Questi risultati concordano, però, con quanto detto da Schoeffl & Schoeffl (2006) e Crowley (2012), e cioè che, in letteratura,  non sia ancora stata dimostrato in modo significativo l’efficacia  del taping nel prevenire la rottura delle pulegge. Per tale motivo lo scopo della sua applicazione rimane ancora di sostegno e protezione; oppure come ausilio durante la riabilitazione post-lesione (Schoeffl & Schoeffl, 2006; Kubiak et al., 2006; Crowley, 2012; Wiater et al., 2013).

     

    1. Approccio preventivo nei confronti dell’epicondilalgia laterle

    A questo punto appare chiaro come il risultato della performance dei climber dipende quasi totalmente dalla funzionalità e dalla capacità di sviluppare forza e resistenza dei piccoli gruppi muscolari della mano, soprattutto dei muscoli flessori della dita (Philippe M. et al., 2011). L’allenamento di questi muscoli rappresenta, quindi,  una parte essenziale della preparazione di un arrampicatore (Hochholzer & Schoeffl, 2007). La possibilità di esercitare una forza elevata con mani e dita dipende fondamentalmente dallo sviluppo muscolare degli avambracci, in particolare e quasi esclusivamente, dei muscoli flessori del carpo e delle dita a scapito della muscolatura estensoria (Daneri & Core, 2000; Bagnoli, 2004; Hocholzer & Schoeffl, 2007; Angriman, 2009). Questo disequilibrio di forza muscolare a favore della muscolatura flessoria di ca. il 25% (p<0.003) rappresenta, infatti, un fattore di rischio per lo sviluppo delle epicondilalgie da sovraccarico, come dimostrato dagli studi di Alizadehkhaiyat (2007), Unyo (2013) e colleghi e con quanto riportato nelle revisioni di Hume (2006), Eygendaal (2007), Waseem (2012) e collaboratori.

    Inoltre, secondo O’Sullivan e Gallwey (2005), anche l’aspetto biomeccanico del gesto del climber di mantenere l’avambraccio pronato, rappresenta un ulteriore elemento stressante a carico del gomito. In particolare, gli autori hanno registrato che il valore medio del momento torcente verso la supinazione è maggiore del 17% di quello verso la pronazione. Questi valori incidono anche sul fattore “resistenza muscolare”. Gli autori, infatti, hanno calcolato come la resistenza nel mantenere la posizione prona rispetto a quella supina sia inferiore del 20%.

    L’indice di esposizione dell’atleta a questi fattori di rischio si incrementa ulteriormente anche dal continuo ripetersi di questi stress che si presentano durante ogni seduta di allenamento e che portano ad una condizione di sovraccarico della muscolatura flessoria e pronatoria (Hume P. A et al, 2006). Questo spiega il perché molti climber soffrano dell’epicondilalgia laterale.

     

    Conclusione

    Questo studio ha dimostrato una correlazione tra biomeccanica del gesto sportivo, incidenza e tipologia di infortuni nell’arrampicata sportiva.

    Per prevenire infortuni alla puleggia A2, molti climber applicano il bendaggio funzionale (tape) per contenere e/o diminuire il bowstringing ed aumentare la capacità di carico del sistema delle pulegge. Purtroppo, la revisione della letteratura non ha mostrato dati sufficienti per dimostrare che tale mezzo di prevenzione sia efficace. Solamente la metodica “H-tape”, e solamente durante la crimp grip, permette una diminuzione significativa del bowstringing del 16% ed un aumento del 13%  della soglia di rottura delle pulegge.

    Anche riguardo la prevenzione dell’epicondilalgia laterale, non esistono ad oggi studi specifici sull’arrampicata sportiva. Confrontando le caratteristiche di sport più “di massa” con la biomeccanica dell’allenamento al gesto dell’arrampicata sportiva possiamo presumibilmente dire che esiste un disequilibrio muscolare significativo tra i gruppi flessori ed estensori dell’avambraccio.

    In conclusione, quindi, il fisioterapista, dovrebbe educare l’atleta ad equilibrare il rinforzo della muscolatura estensoria con quella flessoria, per diminuire le forze di taglio a carico dell’articolazione del gomito, dovute ad una faticabilità precoce dei muscoli estensori per portare a termine la performance.

    La mancanza di materiale scientificamente validato nelle banche dati, nonché di recenti studi eseguiti nel campo della prevenzione alla traumatologia dell’arto superiore correlata al gesto tecnico dell’arrampicata sportiva, purtroppo non permette, ad oggi, di definire un protocollo di intervento e comportamento basato sull’evidenza clinica da attuare sia da parte degli atleti stessi che da parte dei professionisti della riabilitazione per ridurre l’incidenza di queste patologie.

     

    Figura 1. La crimp e la slope grip


    slopecrimp

    Figura 2. Le tre diverse tecniche di taping riportate in letteratura.

     

    taping 1taping 2 taping

     

     

    Bibliografia essenziale

    1. Alizadehkhaiyat O., Fisher A. C., Kemp G. J., Vishwanathan K., Frostick S. P., (2007), Upper limb muscle imbalance tennis elbow: a functional and electromyographic assessment, Journal of Orthopaedic Research, 25: 1651-1657.
    2. Crowley T. P., (2012), The flebo tendon pulley system and rock climbing, Journal of Hand Microsurgey, 4(1): 25-29;
    3. Martìn J. M., Del Campo V. L., Leyton Roman M., Gòomez-Valadès Horrillo J. M., Gòmez Navarrete J. S., Description of the finger mechnanical load of climbers of different levels during different hand grips in sport climbing, (2013), Journal Of Spostrs Sciences;
    4. Jones G., Asghar A., Llewellyn D. J., (2008), The epidemiology of rock-climbing injuries, Journal of Sports Medicine, 42: 773-778.
    5. Schoffl I., Einwag F., Strecker W., Hennig F., Schoffl V. (2007), Impact of taping after finger flexor tendon pulley ruptures in rock climbers, 23: 52-62.
    6. Schweizer A. & Hudek R., (2011), Kinetics of crimp and slope grip in rock climing. Journal of Applied Biomechanics, 27: 116-121.
    7. Schweizer A., (2012), Sport climbing from a medical point of view, The European Journal of Medical Science, 142:w13688.
    8. Quaine F. & Vigouroux L., Maximal resultant four fingertip force and fatigue of the extrinsic muscles of the hand in different sport climbing finger grips, (2004), Journal of Sports Medicine; 25(8): 634-637.
    9. Unyo C., Chaler J., Rojas-Martinez M., Pujol E., Muller B., Garretta R., Mananas M. A., (2013), A cross-sectional study comparing strength profile of dorsal and palmar flexor muscles of the wrist in epicondylitis and healthy men, European Journal of Physical and Rehabilitation Medicine, Vol. 49, No. 4: 507-515.
    10. Waseem M., Nuhmani S., Ram C. S., Sachin Y., (2012), Lateral epicondylitis: a review of the literatyre, Journal of Back and Musculoskeletal Rehabilitation, 25: 131-142.

     

     

    e-mail autore

    castelli.annaft@gmail.com

     

     

    [1] Bowstringing:allontanamento del tendine dalla superficie ossea con conseguente perdita della funzionalità nel movimento di flessione delle articolazioni interfalangee delle dita della mano.

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